1952 – 1954: Danilo Dolci arriva a Trappeto

Danilo Dolci (1924 –1997) sociologo, poeta, educatore e attivista della nonviolenza, inizia la sua attività di denuncia non violenta delle condizioni di povertà della Sicilia occidentale.

1954 – 1956: digiuno collettivo e sciopero alla rovescia

Il digiuno collettivo sulla spiaggia di Trappeto con contadini e pescatori e lo sciopero alla rovescia, cioè lavorando (perchè se uno è disoccupato come può scioperare? Non astenendosi dal lavoro ma mettendosi al lavoro!).

1956: il processo a Danilo Dolci

L’arresto e il processo di Dolci e di altri 3 partecipanti allo sciopero alla rovescia diventa un evento seguito in tutta Italia e all’estero. Il difensore degli arrestati è Pietro Calamandrei e testimoni sono personalità illustri come Norberto Bobbio, Lucio Lombardo radice, Carlo Levi e altri.

1957: convegno per la piena occupazione – Premio Lenin

La fama del processo viene ulteriormente amplificata da un imponente convegno sul tema della Piena Occupazione – Dolci presenta al convegno gli esiti di una ricerca sulle possibilità di pieno impiego in 10 comuni della Sicilia Occidentale condotta da giovani (tra questi c’è Lorenzo Barbera). Dolci vince il premio Lenin per la Pace,16 mln, una cifra enorme per l’epoca.

1958: prime attività del Centro Studi e Iniziative per la Piena Occupazione

Con i soldi del premio viene fondato il Centro Studi e Iniziative con sede centrale a Partinico e comitati in diversi paesi guidati da giovani pianificatori che si occupano di raccogliere dati sulla situazione sociale e ascoltare problemi e soluzioni della gente per aiutare i cittadini ad auto-organizzarsi.

1960 – 1963: Lorenzo Barbera a Roccamena

Le attività condotte dal comitato di Roccamena avranno grossa influenza sulle sorti della valle del Belìce. Nel ’60 Barbera inizia a Roccamena la sua attività di pianificatore che porta alla formazione di un comitato cittadino per lo sviluppo di Roccamena e un “convegno popolare sullo sviluppo di Roccamena”. Inizia ad emergere il problema dell’acqua e la necessità di costruzione della diga sul fiume Jato.

1963 – 1966: il processo di autorganizzazione popolare nel Belice

Le attività del comitato di Roccamena contagiano un intorno sempre più ampio; nasce il comitato intercomunale, il suo organo di informazione “Pianificazione Siciliana”, e alla mobilitazione per la diga si aggiunge anche quella per l’abolizione dell’enfiteusi; la “pianificazione di zona e dal basso” diventa un “metodo” (seminari formazione di nuovi “pianificatori di zona” …). Grazie all’azione dei comitati nel 1966 viene approvata in Sicilia una legge storica, quella per il riscatto dell’enfiteusi.

1967: la marcia per la Sicilia occidentale e per un nuovo mondo

L’evento simbolicamente più importante di questo eccezionale periodo di lotte è la famosa “Marcia per la Sicilia Occidentale”, che vede la popolazione della valle del Belice manifestare insieme ad importanti personalità e intellettuali siciliani, italiani e internazionali: ci sono il poeta e attivista per la pace in Vietnam Vo Van Ai, il pittore Ernesto Treccani, Carlo Levi, Ignazio Buttitta, giornalisti e fotografi da tutta Italia (per il giornale L’Ora seguì la marcia Salvo Licata con Franco Scafidi).

1968: IL TERREMOTO

La notte tra il 14 e il 15 gennaio un violentissimo terremoto colpisce la valle del Belìce distruggendo interi paesi. Le vittime sono più di 400. Migliaia le persone rimaste senza una casa. Vita difficile in tendopoli – L’impreparazione istituzionale. La vita sociale riprende faticosamente nelle tendopoli, gestite da militari, tra mille disagi: il freddo, il fango, la mancanza di servizi igienici. I primi giorni dopo il terremoto sono i giorni dei “ministri” che scendono dal cielo con elicotteri – a dispetto delle tante promesse elargite tra una stretta di mano e l’altra le istituzioni (Stato e Regione) si dimostrano completamente impreparate a gestire l’emergenza. Il caos spinge la popolazione a riprendere le forme di autorganizzazione e protesta: nascono i comitati di tendopoli che, per prima cosa chiedono l’espulsione dei militari. La grande mobilitazione. A spingere la mobilitazione c’è anche lo sdegno generale di fronte al palese incoraggiamento da parte delle istituzioni all’emigrazione (venivano distribuiti biglietti gratuiti per treni internazionali); il 24 gennaio, durante una sessione speciale all’aperto del consiglio comunale di Santa Ninfa, vengono esortate le persone a non lasciare il paese e unirsi per ricostruirlo. Poi ci si organizza per far pervenire – in modo diretto – precise richieste di intervento alle autorità statali (manifestazione a Roma) e regionali (marcia a Palermo). I tentativi di pianificazione partecipata. Grazie all’esperienza di progettazione partecipata che aveva preceduto il terremoto, le richieste della popolazione del Belice vanno oltre la semplice assistenza, ma guardano, ancora una volta, al problema dello sviluppo locale come fatto centrale per la rinascita del territorio; i comitati lavorano alla redazione di un piano comune in cui vengono indicate le azioni prioritarie da compiere per far si che la ricostruzione sia occasione di sviluppo democratico.

1969: il Giudizio popolare di Roccamena

I comitati popolari in lotta per la ricostruzione continuano a trovare modalità nuove, provocatorie ed efficaci per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e del governo sulla drammatica situazione nel Belìce. A Roccamena si decide di intenatare un pubblico processo con tanto di giudici e testimoni contro lo Stato colpevole di non aver rispettato gli impegni presi per la ricostruzione. Nel dibattito politico che segue questo evento clamoroso si consuma la scissione tra il Centro studi di Partinico guidato da Dolci e Lorenzo Barbera con il gruppo di Partanna: nasce il Centro Studi Valle del Belice che nel 1973 diventerà CRESM. Il Belice diventa campo per la sperimentazione Urbanistica. Nonostante precise esigenze della popolazione, il dibattito nazionale sull’urbanismo fa della valle del Belice un esperimento sul campo delle più illuminate teorie di pianificazione, che si esprimono sia nel percorso di costruzione del “Piano città-territorio”, a cura del Centro Studi e Iniziative con il coinvolgimento dei più illustri esponenti della pianificazione organica (Zevi, Carta, ecc.); sia nel percorso di pianificazione istituzionale centralizzata, che si articola nei diversi livelli territoriale, comprensoriale e comunale (Piani di ricostruzione parziale e totale). Entrambi i percorsi risentono delle stesse matrici culturali, che sono quelle predominanti dell’epoca (zonizzazione delle funzioni, gerarchizzazione della viabilità, ecc.).

1969 – 1970: i tre chiodi

Mentre gli intellettuali “pianificano”, la popolazione continua a esprimere, con indicazioni molto concrete, il proprio dissenso per la cattiva gestione dell’emergenza; alle consuetudinarie forme di protesta (assemblee, marce, una veglia tra i ruderi di Gibellina in occasione dell’anniversario del terremoto, mozioni, comunicati stampa). Viene quindi lanciata la campagna dei Tre Chiodi:

1) il governo è fuorilegge perché non ha iniziato la ricostruzione e non ha rispettato le promesse
2) non si pagano più tasse perché il governo è fuorilegge
3) il piano di sopravvivenza e la lotta per lo sviluppo locale.

1970: i comitati anti-leva

Dopo l’emanazione di una legge speciale per l’esonero delle popolazioni terremotate dal pagamento delle tasse, molti giovani della Valle del Belice fondano dei “comitati anti-leva” perché per lo stato fuorilegge non si fa il militare. Il centro studi Valle del Belice riceve il supporto dei tanti movimenti nazionali per l’obiezione di coscienza. Da questo movimento siciliano nascerà la prima legge italiana sul servizio civile.

1970: Radio libera

La prima trasmissione su frequenze non pubbliche nella storia della radio italiana fu realizzata da Danilo Dolci e Pino Lombrado a Partinico accompagnati dal flauto di Amico Dolci. Il titolo fu SOS BELICE, il tema i racconti disperati e i mille bisogni del dopoterremoto: «si marcisce di chiacchiere e di ingiustizie, la Sicilia muore».

1971-75

Continuano le iniziative per sostenere la partecipazione delle comunità locali alla ricostruzione, per difendere i cantieri dalle infiltrazioni mafiose e cresce l’attenzione alla qualità dello sviluppo: si lavora per valorizzare le risorse del territorio promuovendo seminari, incontri pubblici, iniziative con esperti internazionali e sostenendo la nascita di cooperative agricole ed edili.

1976: legge n. 178

La legge 178 del 1976 norma la decentralizzazione della gestione dei fondi per la ricostruzione. Dopo anni di richieste viene demandata agli enti locali la decisione su allocamento e distribuzione dei fondi statali per la ricostruzione.

1980: un bilancio delle lotte

“Le speranze e le lotte nascono e fruttificano. Poi in­vecchiano e muoiono. Dove c’erano Gibellina, Salaparuta e Poggioreale ora ci sono rovi, spine e erba al vento. La campagna è cambiata col sudore dell’emigrato e coi soldi strappati allo Stato da cento lotte. I soldi capitati in mano ai ricchi sono diventati rapina, imbrogli e morti ammazzati. Quelli capitati in mano al popolo sono diven­tati trattori, magazzini e case di campagna, oleifici e cantine sociali. E terre trasformate”.
Tratto dal libro “I ministri dal cielo” di Lorenzo Barbera.

Novembre 1980: terremoto in Irpinia (Campania)

Il CRESM forte della sua esperienza di lotta e di organizzazione dei comitati popolari, a seguito del terribile terremoto in Irpinia viene fondato in Campania… ma questa è un’altra storia!

Tutti questi fatti sono fedelmente raccontati nell’avvincente libro “I ministri dal cielo” di Lorenzo Barbera.

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